Vasilij Vasil’evič Kandinskij nasce a Mosca il 16 dicembre 1866, esattamente 148 anni fa.
Vorrei ricordare il giorno della sua nascita come un personale omaggio a un artista che è sempre riuscito a suscitare emozione in me attraverso la visione dei suoi lavori.
Non desidero entrare nel merito dell’analisi critica delle sue opere perché non ne ho la capacità né tantomeno le competenze – né questo è lo spazio adeguato. Vorrei solamente comunicare un’affinità personale con un piccolo frammento del suo percorso artistico.
Per Kandinskij il colore e la forma non possono avere un’esistenza separata e indipendente, ma ogni forma ha in se stessa l’associazione al suo colore: il triangolo ha in sé il giallo, il quadrato, invece, il rosso, il cerchio, infine, il blu. In più, l’artista rileva che anche l’orientamento delle forme trasmette un significato diversificato: un quadrato disegnato su un lato è solido, stabile, con un rosso freddo, deciso; lo stesso quadrato disegnato su un vertice significa instabilità con un rosso caldo.
Ma Kandinskij va ancora oltre: ogni colore viene associato a uno strumento musicale. Ogni strumento ha un suono preciso come ogni colore trasmette un concetto preciso. Osservare un quadro è come sentire un’orchestra: è l’insieme degli strumenti che crea la sinfonia, non il singolo strumento che pure ha la sua importanza, la sua originalità, il suo suono.
Nel mio piccolo, cerco di estrarre dai marmi i loro suoni, cerco di accompagnare coloro che si accostano al mondo del marmo e della pietra affinché comprendano la sintonia (o meno) con il materiale. Penso che ogni pietra abbia una propria vita che dev’essere rispettata e che, per farlo, sia necessario conoscerla, sentirne la voce e il suono. Molto umilmente.