La pietra del Monviso e della sorgente del fiume Po

Il Re di Pietra, il Monviso, una montagna che non può passare inosservata, lo si può osservare da molte località, di montagna, di pianura e persino di mare. La sua caratteristica forma a punta, se visto dal suo versante Est, lo rende il principe delle Alpi Cozie, alto ben 3.842 m.
Risalendo da Savigliano, lungo il rettilineo che porta a Saluzzo, si può perfettamente percepire la mole e la bellezza di questa grande piramide di roccia e ghiaccio, protagonista di numerose leggende e racconti.
Perché il Monviso si chiama anche “Re di Pietra”, anzi “Il Re di Pietra”? Perché questa, per chi vi abita sotto, non è una montagna, ma la Montagna?
Bisogna scavare nel passato. Non esiste un’unica storia, bensì varie leggende e, di seguito, ne accenno due.
Un tempo, il Re Vesulo e la sua dolce Besimauda erano i regnanti di queste valli. Vesulo non è un nome casuale. Il Monviso, ritenuto per molto tempo il monte più alto delle Alpi, venne celebrato nella letteratura antica e cantato nell’Eneide (libro X) da Virgilio come ‘Vesulus pinifer‘ (Vesulo tra i boschi oppure monte circondato di pini). Dante e Petrarca, per la sua spiccata visibilità di montagna isolata nel mezzo di una corona di vette minori poco distante dalla pianura Padana, gli diedero il toponimo Vesulus (come il re della leggenda), cioè Viso, con l’ovvio significato di Monte Visibile.
Tornando alla leggenda, si narra che Vesulo e Besimauda ebbero un’accesa discussione riguardo l’atteggiamento del Re verso le dame di corte Vallanta e Soustra (che danno il nome a due vicine valli). Vesulo perse le staffe e tirò un calcione a Besimauda scaraventandola fuori dal reame. La regina, esiliata in malo modo dal suo regno, imprecò contro Vesulo talmente forte che gli Dei, arrabbiati per tanto baccano, si scagliarono contro la coppia tramutandoli in pietre silenziose. Le due dame Vallanta e Soustra, così, non avrebbero potuto più vedere il Re.
Vesulo, pentito del suo gesto, espresse agli Dei un ultimo desiderio: che lui e la sua sposa fossero posti talmente in alto da potersi almeno guardare. Gli Dei lo accontentarono, così, Vesulo, il “Re di Pietra”, e la sua dama Besimauda, vennero posti al di sopra di tutti i monti, destinati per l’eternità a guardarsi da lontano rimpiangendo il loro litigio.
Oggi “Vesulo” (Monviso) e “Besimauda” (Bisalta) sono due montagne ben visibili: il Monviso nelle Alpi Cozie osserva verso Sud Bisalta nelle Alpi Liguri.

Il fiume Po

Si narra anche che, un tempo, il celebre Monviso desiderasse ardentemente un figlio, visto che tutte le asperità montuose a lui circostanti ne avevano ormai uno. A questo egli avrebbe inoltre voluto dare il nome di Marte, quale sinonimo di forza e fierezza, ma per secoli il destino sembrò non curarsi delle sue suppliche.
Una notte, però, avvenne finalmente un prodigio e, ai piedi del grande monte, nacque suo figlio, le cui modeste dimensioni gli valsero tuttavia l’epiteto di Martino. Il rapporto tra i due fu da subito molto buono e, nel corso del tempo, il Monviso delegò proprio al figlio alcune delle sue mansioni quotidiane. Un giorno, ad esempio, alcuni uomini della piana raggiunsero la montagna implorando dell’acqua per irrorare le terre ormai secche e bruciate, e il Monviso dirottò la richiesta al figlio, storicamente ricco di sorgenti e aree umide.
La piccola delegazione raggiunse così la Grotta del Rio Martino (una delle più caratteristiche del Piemonte) e bussò delicatamente alla sua porta. Il Rio aprì con gentilezza e acconsentì alle richieste degli uomini, stremati dalla sete e dalla fatica.
Cominciò allora a far defluire una discreta quantità di acqua verso il basso e tra i presenti si alzarono subito grida di giubilo e di riconoscenza. Più acqua rilasciava, però, più quelli gliene chiedevano: “Un po’ d’acqua, ancora un po’, ancora un po’!”.
Il Rio Martino, sorridendo, continuò a rilasciare l’acqua, inconsapevole però che le richieste furono talmente insistenti, che gli uomini stessi si dimenticarono il vero nome del Rio, che da quel giorno assunse allora semplicemente il nome delle suppliche che gli avevano rivolto: Po!

La Pietra di Luserna è una roccia metamorfica scistosa appartenente al gruppo degli gneiss. Si tratta, in particolare, di gneiss di tipo lamellare, cioè che si presenta in un insieme di strati sovrapposti come i fogli di un libro. E’ uno gneiss che si è formato tra 130 e 65 milioni di anni fa in seguito alle trasformazioni di un roccia alpina di origina magmatica.
Viene estratta da cave situate nelle Prealpi Cozie del Piemonte centro-occidentale, tra la Val Pellice e la Valle Po, nei territori dei Comuni di Luserna San Giovanni, Rorà, Bagnolo Piemonte e Barge, per i quali ha sempre rappresentato un’importante risorsa economica. Il suo impiego è molto antico e molto diffuso.
Nel passato venne considerato un materiale povero, finché, nell’Ottocento, un grande architetto, Alessandro Antonelli, la utilizzò nella sua più ardita e mirabile opera: la Mole Antonelliana. In questa architettura, la Pietra di Luserna ebbe sia il compito di ricoprire mediante lose a piano naturale l’intera superficie della cupola sia l’importante mansione strutturale di rinforzo delle murature edificate mediante la giustapposizione di lastre, visibili anche oggi, tra i corsi di mattoni, allo scopo di dare maggiore solidità all’edificio.
Il nome deriva dal fatto che i blocchi o le lastre o i lavorati che dovevano essere commercializzati partivano dal paese di Luserna San Giovanni, dove si trovavano il treno (recentemente) o le compagnie di trasporto (nel passato).