Nell’ottobre del 2013 ho trascorso alcuni giorni a Matera, la cosiddetta “città dei sassi”, dopo aver deciso di alloggiare all’interno dei sassi ricercando un B&B in stile.
Difficile raccontare e trasmettere in poche righe la ricchezza che una cittadina simile mi ha trasmesso. Posso raccontare l’atmosfera offerta dalla sera e dalla notte: le luci gialle disegnano un paesaggio apparentemente irreale, caldo, accogliente, come un presepe senza i classici personaggi. Oppure parlare dell’impatto con i sassi della città alla luce del sole: assuefatti alle nostre città, pare impossibile che nel XXI secolo esista una dimensione umana dell’abitare. O, ancora, la simbiosi incredibile tra la roccia viva e le case: pare non esserci un confine preciso tra costruzione umana e naturale, la casa si fonde con la roccia e la roccia diventa casa.
Così come pare non esistere un confine certo tra una proprietà e l’altra: il tetto di una casa diventa il giardino di colui che vive di sopra, la scala esterna permette una stanza a chi abita sotto, il materiale di risulta dello scavo della roccia diventa mattone di costruzione di muri di contenimento comuni oppure di scalette di collegamento che diventano immediatamente passaggio comune.
Mi ha fatto un certo effetto la grande presenza di gioventù: la quasi totalità delle attività commerciali e turistiche sono gestite da singoli o coppie giovani che decidono di rimanere. Spesso anche di tornare. E, oltre a gestire le attività, sono veicolo attivo di spiegazioni, racconti, indicazioni su luoghi e cultura locale. Un po’ d’altri tempi, ma certamente gratificante. E utile.
Poi, le incredibili chiese rupestri: luoghi di culto antichi diventati magazzini, cantine, abitazioni, recuperati e offerti anche ai turisti. Sia all’interno della città che sull’altopiano di fronte alla stessa, dove si trovano testimonianze millenarie della permanenza e del passaggio dell’uomo. Anche qui, sono stato accompagnato da persone giovani, solitamente laureate, innamorate di questa terra. Ciò è quanto riescono a trasmettere.
Eguali sensazioni durante la guida alla scoperta del Palombaro Lungo, una cisterna incredibilmente capiente che si estende sotto la piazza principale. Con i suoi cinque milioni di litri di capienza, si configura come una delle cisterne scavate a mano più grandi al mondo, unica per le sue caratteristiche. Per realizzarla ci sono voluti circa trecento anni. Un’opera d’ingegneria idraulica fiore all’occhiello del sistema di raccolta d’acqua piovana che caratterizza questa città.
Un luogo dove tornare per ritrovare valori e sensazioni che altrimenti si potrebbero dare per scomparse. Per ritrovare e assaporare una dimensione umana.
Meritatamente, la “capitale della cultura 2019”.
P.P. Pasolini, “Il vangelo secondo Matteo” [film], 1964.
«Arrivai a Matera verso le undici del mattino. Avevo letto nella guida che è una città pittoresca, che merita di essere visitata, che c’è un museo di arte antica e delle curiose abitazioni trogloditiche (cioè scavate nella roccia). Allontanatami un poco dalla stazione, arrivai a una strada, che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case, e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera. La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano sassi. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante, in quello stretto spazio tra le facciate e il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelle di sotto. Alzando gli occhi vidi finalmente apparire, come un muro obliquo, tutta Matera. È davvero una città bellissima, pittoresca e impressionante.» (Levi, “Cristo si è fermato a Eboli”)
«Da vergogna nazionale a patrimonio dell’umanità. Questo il percorso, unico al mondo, dei sassi di Matera. La città di pietra, che ancora in cronache cinquecentesche era descritta come “dotata di aria salubre e abitata da uomini ingegnosi”, nell’impatto distruttivo con la modernità si è poi trasformata nel simbolo del degrado meridionale. Il fragile ecosistema delle case-grotta non sembrava poter sopravvivere a miseria, fatiscenza e spopolamento, e lo attendeva un destino di rovina.» (P. Laureano, “Giardini di pietra. I sassi di Matera e la civiltà mediterranea”, Bollati Boringhieri)
Scorcio della città
Chiesa rupestre
Palombaro Lungo