È difficile condensare in un ricordo tutta una vita, tutta una persona. Non è quello che voglio fare, desidero solamente lasciare una traccia comunicabile per ricordare chi era mio padre.
E lo voglio fare attraverso il racconto di alcuni piccoli episodi, sparsi qua e là.
Nel 1970 è stato operato per la prima volta per un tumore al polmone, e da allora ha sempre combattuto contro questo male che ora lo ha sfiancato. Inutile dire che la sofferenza fisica ha segnato la sua vita e ha temprato il suo carattere. Ma ha sempre avuto la forza e la voglia di reagire, di rialzarsi in piedi, di non darsi mai per vinto.
Era un persona buona, semplice: chiunque l’abbia conosciuto porta con sé il ricordo di una persona buona, una brava persona. La bontà di spirito, di vita, di cuore, era la sua caratteristica principale. Una bontà che lo portava a essere invisibile pur di non essere di peso agli altri. Diceva sempre di stare bene, anche quando era evidente che non era così.
Una volta, quando ero bambino, intorno alla metà degli anni ’70, mi ha portato a vedere passare una corsa ciclistica. Erano i tempi delle grandi contrapposizioni: Gimondi e Merckx nel ciclismo, Inter e Milan nel calcio, est e ovest nel mondo, Pci e Dc in politica, operai e padroni nella società…
Ricordo di aver applaudito il passaggio di Gimondi e fischiato quello di Merckx, e ricordo di essere stato ripreso da mio padre con parole simili a queste: non devi fischiarlo, pensa alla fatica e ai sacrifici che sta facendo. Fai il tifo per chi vuoi, ma mai contro qualcuno che fatica.
Poche volte chiedeva qualcosa, pochissime chiedeva aiuto, non per orgoglio ma per il timore di poter dare fastidio. Ricordo il 1984, quando mi ha chiesto di dare una mano a mandare avanti la casa: mi sembrava strano che chiedesse aiuto, ma fu così. Nel giro di qualche settimana iniziai a lavorare, appunto per dare una mano a lui.
Piccoli episodi, grandi emozioni.
E, allora, ancora buon viaggio, papà.
Monte Suchello