Le Alpi Apuane sono patrimonio di tutti, non hanno territorialità, sono un bene comune e noi siamo fortunati perché le possiamo vivere tutti i giorni. Possiamo aprire la finestra di casa ed eccole lì davanti a noi, maestose e imponenti; sia d’estate che d’inverno sono luogo per le nostre passeggiate ed escursioni. Inoltre, gustiamo i frutti che ci donano, come funghi, castagne, mirtilli e quant’altro e godiamo della loro aria cristallina.
Sono un tesoro che va difeso, ognuno a proprio modo. Io nel mio piccolo lo faccio diffondendo le loro belle leggende e le loro storie. Vi narro oggi di come le difendeva Aronte, un gigante posto a guardia dei nostri monti pronto a sfidare qualunque nemico.
La storia (non la leggenda) ci dice che Aronte è veramente vissuto e che la sua figura è legata a doppio filo con le Alpi Apuane: era nato a Luni (oggi in provincia di La Spezia) ed era un potente indovino, forse il più potente dell’epoca. Era di origine etrusca e viveva al tempo della Roma di Cesare (50 a.C. circa).
La sua vita si svolgeva in ascesi e meditazione in una grotta delle Alpi Apuane detta dei “Fantiscritti” nel versante carrarino. Un bel giorno fu richiamato dai suoi monti dai potenti di Roma per raggiungere la città eterna per spiegare alcuni misteriosi eventi che si erano manifestati e ai quali veniva attribuita particolare importanza. Guardando le viscere di un toro sacrificato presagì le sciagure che si sarebbero abbattute su Roma come la guerra civile fra Pompeo e Giulio Cesare con la vittoria di quest’ultimo. Dopo questi eventi tutti a Roma lo adoravano. Aronte era considerato colui che: “qui sapientem genuit testimonium centuriae et constituens ad historiam uniuscuiusque hominis” ovvero “un uomo saggio che testimoniava nei secoli il nascere e tramontare di ogni vicenda umana”.
Aronte però, nonostante fosse ricoperto di tutti gli onori, volle ritornare sulle sue Alpi Apuane e lasciare la gloria agli altri. La sua fama raggiunse, più di mille anni dopo, anche il sommo poeta Dante Alighieri che lo citò nella Divina Commedia nel XX canto dell’inferno e lo immaginava in una spelonca tra i bianchi marmi sopra Carrara da dove poteva guardare il mare e le stelle:
“Aronta è quei ch’al ventre li s’atterga,
che ne’ monti di Luni, dove ronca
lo Carrarese, che di sotto alberga,
ebbe tra bianchi marmi la spelonca
per sua dimora; onde a guardar le stelle
E’l mar non gli era la veduta tronca.”
La sua figura divenne leggendaria nei secoli.
L’amore di questo indovino per le sue montagne divenne simbolo di esse tant’è che si racconta (e qui si entra nella leggenda) che Aronte era un gigante che aveva il compito datogli dagli Dei di difendere le Alpi Apuane dagli attacchi dei nemici che provenivano dal mare.
Quando i primi cavatori salirono sui monti per estrarre il marmo e ferire la montagna, Aronte scese a valle per impedire agli uomini di rovinare questi meravigliosi monti. Il destino volle che, una volta sceso, Aronte incontrasse una giovane fanciulla e se ne innamorasse, ma lei lo respinse. La disperazione e il dolore attanagliarono Aronte che per il dolore risalì sulle vette delle Apuane e morì.
Fu così che da quel giorno i monti delle Apuane vollero dimostrare la loro ingratitudine e inimicizia alla gente che abitava sulle coste girandogli le spalle e voltarono verso il mare la loro faccia più cattiva, cioè le loro pareti più scoscese e inaccessibili.
La figura di Aronte era così entrata nel cuore degli amanti di queste montagne.
Fu così che nei pressi del Passo Focolaccia (ai piedi del Monte Cavallo) il 18 maggio 1902 fu inaugurato il Rifugio Aronte, il rifugio più carico di storia in assoluto essendo il primo costruito sulle Alpi Apuane e fra l’altro detiene un altro record perché posto a 1642 metri d’altezza quindi il bivacco più alto dell’intera catena. Dalla Garfagnana lo si può raggiungere lungo la strada marmifera che sale da Gorfigliano, in auto fino alla galleria del Passo della Tombaccia e di li poi a piedi fino al valico della Focolaccia. Tempo di percorrenza circa due ore.
Una gita da fare con serenità tanto c’è Aronte che protegge…
CALACATTA
Il marmo Calacatta di Carrara presenta un fondo puro bianco-avorio con poche e sottili venature grigio-beige che lo rendono molto pregiato. Oppure può portare venature a forma di ovuli più o meno grandi. È presente sul mercato in quantità limitate. A grana fine, delicato, è un marmo prezioso e ricercato, usato sin dal Rinascimento per la realizzazione di progetti di arredamenti interni e oggettistica di lusso.
Le particolarità del Calacatta Oro sono il fondo bianco cristallino con eleganti venature color giallo-oro, caratteristiche che fanno di questo marmo pregiato un materiale adatto alla realizzazione di progetti unici. Riesce ad abbinarsi meravigliosamente con materiali diversi dal marmo come legno e metalli.
CALACATTA VIOLA O BRECCIA MEDICEA
Breccia Medicea (o breccia di Seravezza o Calacatta viola) è un marmo utilizzato fin dal tempo dall’epoca romana. Questo marmo fu scelto per rivestimenti e decorazioni in Toscana, nel XVI secolo dalla famiglia dei Medici, da cui prende il nome
Si tratta di una pietra ornamentale ampiamente venata e che presenta varie sfumature dal violetto (colore del legante) al verde chiaro con macchie gialle, rosse, grigie, di dimensioni molto variabili. Viene detta “medicea” sia perché ebbe il suo massimo uso con Cosimo I de’ Medici, sia perché il granduca aveva il monopolio delle cave di Seravezza e pertanto fece di questo marmo variegato uno dei simboli del suo potere, facendolo utilizzare nel coro del Duomo di Firenze, in Palazzo Pitti e nelle Cappelle medicee.
Questa pietra ornamentale presenta diversità di aspetto tra una cava e l’altra ed anche all’interno della stessa cava in livelli di estrazione diversi. Per questo motivo, con il perdurare dello sfruttamento delle cave nelle diverse epoche, si sono succedute varietà del marmo di aspetto piuttosto differente.
STATUARIO
Il marmo bianco statuario è il marmo più pregiato e prezioso, da sempre quello preferito da scultori e artisti per le loro realizzazioni. Conosciuto in tutto il mondo, questo bellissimo marmo è stato impiegato sin dai tempi romani nell’arte scultorea per la sua struttura compatta, caratteristica che lo rende perfetto per essere lavorato con lo scalpello.
Una particolare categoria di marmi che appartiene a quella degli statuari bianchi è il marmo statuario venato che ha un colore bianco ed è attraversato da bellissime venature grigie molto usato in progetti di design interno.