Jonah Lomu. Difficile scrivere qualcosa di lui che non sia già stato scritto.
In sé non ha giocato molte partite, spesso è stato fermato da quel male contro cui ha sempre combattuto. Ma, allora, perché lo si ricorda?
Qualcuno dice che è per il fatto di essere stato convocato nella nazionale degli All Blacks a soli 19 anni, il più giovane di sempre. Qualcun altro per il record di mete ai mondiali: 15 in 11 incontri nei campionati del mondo cui ha partecipato (1995 e 1999). Altri per la sua lotta contro il male, per la sua forza dentro e fuori dal campo. Altri ancora per…
A me piace ricordarlo nella finale del campionato mondiale del 24 giugno 1995 tra i suoi All Blacks e gli avversari di sempre, gli Springboks. Le partite precedenti erano state decise da lui, che aveva guidato e convinto la sua squadra. Nella partita con l’Inghilterra l’azione che lo porta in meta rientra nel novero di quelle ‘esemplari’.
In quella finale, Lomu è sottotono ed è marcato a vista dagli uomini del Sudafrica, che non gli lasciano spazio. Lo placcano appena ha la palla per non fargli prendere velocità: questo ragazzone di 120 chilogrammi riesce a correre i 100 metri in meno di 11 secondi. Se prende velocità, è impossibile da fermare, e se si tenta di farlo, si viene ‘spazzati’ via.
È lì la sua ‘normalità’. Un campione in mezzo ad altri campioni. Una giornata storta, sottotono, forse già un’avvisaglia del suo male. La sua normalità sta nell’essere stato nella partita che ha cambiato la storia del rugby e la storia di una nazione come il Sudafrica. E dopo quel mondiale cambia anche la sua vita: la malattia, lo stop per due anni e la sua tenacia per rientrare. Quindi il suo secondo mondiale nel 1999 e gli anni successivi di lotta e sofferenza, fino al trapianto di fegato nel 2004. E poi ancora lotta, tenacia e, soprattutto, rugby.
Fino al suo essere ‘testimonial’ al mondiale di quest’anno, quando un altro grande giocatore (Bryan Habana, del Sudafrica) avrebbe potuto e voluto superare il suo record di mete nei mondiali. Ma Habana lo ha ‘solamente’ eguagliato: ha tenacemente ricercato la meta che gli avrebbe consegnato il record, ma senza riuscire a superare Jonah Lomu.
Quasi un segno di rispetto da parte del destino che stava per compiersi.
Pochi giorni dopo, il 18 novembre 2015, Lomu se n’è andato definitivamente lasciandoci di sasso, come in uno dei suoi spettacolari cambi di direzione con la palla in mano.
E ora corre da solo verso la sua meta, qualunque essa sia e dovunque essa si trovi.