Il territorio etneo è un prezioso contenitore di tesori dal grande valore artistico e culturale: qui si scopre una materia prima di grande interesse chiamata Pietra Lavica.
Le popolazioni etnee, nel corso dei secoli, hanno dovuto impegnarsi a reagire al fine di non lasciarsi sopraffare dalla potenza di un vulcano minaccioso, imparando così a fare tesoro di quella stessa lava che, dall’essere causa di rovina, è divenuta una grande risorsa per l’economia locale.
Molte sono le storie e le leggende che riguardano il vulcano, e una è quella qui riportata.
Un bel giorno, Encelado, fratello maggiore dei giganti, decise di compiere la scalata al cielo per togliere il potere a Giove e comandare in sua vece.
Encelado aveva manacce grandi come piazze, barba incolta, sopraccigli folti e grossi come cespugli, una bocca interminabile che pareva una fornace. Quando si arrabbiava, buttava fuori scintille di fuoco, le quali gli bruciacchiavano la barba e i capelli, che però ricrescevano dopo un momento più folti di prima.
I giganti minori lo temevano e non contrastavano il suo volere per paura di vedersi colpire da quelle fiammate così potenti.
Anche quella volta tutti i giganti ubbidirono e si misero subito al lavoro. Per aiutarlo a salire al cielo posero uno sull’altro i cocuzzoli dei monti più alti. Presero il Monte Bianco, le montagne asiatiche, il Pindo della Grecia, ma la meta era ancora tanto lontana.
«Prendete i monti africani» – gridava infuriato Encelado – «e arriveremo al cielo!»
Li presero tutti; erano quasi arrivati al trono di Giove quando questi, irato per tanta arroganza, scagliò con la sua possente mano un fulmine che infiammò il cielo e raggiunse i giganti, accecandoli e rovesciandoli a terra violentemente.
Encelado e i suoi fratelli, contorcendosi dal dolore, urlavano in modo disumano; ma il dio dell’Olimpo, non ancora sazio di vendetta, con un altro fulmine colpì il cumulo delle montagne che rotolarono di qua e di là, schiacciando i corpi dei ribelli. Encelado, ridotto a pezzi, restò sepolto sotto l’Etna.
Era ancora vivo, ma non poteva muoversi né riusciva a scuotere la montagna che gli stava sopra: aveva di colpo perduto la sua forza e sentì ardere nel petto la sua furia repressa. Cominciò a buttare fuori dalla bocca fiamme, faville, fumo e brace, che salirono fino al cocuzzolo dell’Etna, da cui uscirono emettendo un rombo violentissimo.
La lava fusa dal respiro di Encelado cominciò a scendere lungo i pendii dei monti distruggendo ogni cosa, praterie, case, fienili e costringendo la gente a fuggire, gridando spaventata: «L’Etna fuma!»
Poi, Encelado improvvisamente si calmò. Ma la rabbia del gigante, rimasto immobile sotto la montagna, non si è ancora placata e, di tanto in tanto, esplode emettendo colate di fuoco.
Giove, però, ha deciso di aiutare gli uomini che vivono alle falde dell’Etna insegnando loro a utilizzare la lava raffreddata e trasformando la rabbia di Encelado in una primizia ormai conosciuta in tutto il mondo.
LASTRA DI PIETRA LAVICA
È la capacità dell’uomo di reagire alla potenza di un vulcano minaccioso, imparando a fare tesoro di quella stessa lava che, dall’essere causa di rovina, è divenuta una grande risorsa.
A fare il successo della pietra lavica sono state le sue caratteristiche tecniche: un materiale scuro e duro che spicca per la resistenza agli sbalzi termici e per la sua lavorabilità: in un primo momento, i cosiddetti “pirriaturi”, ovvero gli addetti all’estrazione della pietra, erano interessati solo agli strati superficiali di lava perché ritenuti più porosi e più facilmente lavorabili con semplici arnesi. In tempi recenti, invece, l’estrazione avviene con l’ausilio di moderne attrezzature affinché si possano raggiungere gli strati profondi dove la lava è più compatta, più dura e di colore più chiaro.