Siamo stati nella città il 15 ottobre scorso, da mattina presto fino a sera tarda, una giornata dedicata all’osservazione di questa città in una prospettiva precisa: verificare quanto è visibile il tentativo di trasformazione in corso. Abbiamo deciso di girare a piedi tutto il giorno, di entrare nei vari palazzi e monumenti per osservare eventuali cambiamenti, non tanto e non solo nelle opere quanto, soprattutto, nelle persone, nel clima.
Strumenti indispensabili che ci hanno accompagnato sono stati la Mantova Card e l’app dedicata. La prima evidenza è un colore: il rosso. Tutti i cartelli, gli striscioni, le pubblicità, le locandine… hanno lo stesso colore di fondo, il rosso del logo della città in questo anno di capitale della cultura. Tutto o quasi ha un filo rosso che unisce: anche l’occhio vuole la sua parte. Spesso diventa semplice individuare i luoghi delle informazioni turistiche: basta cercare il colore.
Anche nei palazzi e nei percorsi di visita turistica il personale è accomunato da tesserini o simboli con il colore di fondo. Personale, tra l’altro, sempre presente e disponibile a dare informazioni. Quasi sempre giovane e quasi mai annoiato o dedicato a giocare col telefonino, come purtroppo capita spesso di vedere. Personale solitamente preparato e competente, pronto a dare esaustive risposte alle domande che solitamente nascono.
L’Arcipelago Ocno. Queste piattaforme a forma di fiori di loto, facilmente visibili e identificabili, erano una curiosità che ci attraeva: purtroppo in quella giornata non erano previste manifestazioni che le utilizzassero. Ci siamo limitati a osservarle dalla riva. Sicuramente suggestive durante il loro utilizzo per concerti o eventi vari, ma altrettanto ‘invisibili’ durante le giornate di non utilizzo. Non abbiamo trovato alcuna spiegazione relativa a queste piattaforme e al motivo per cui erano di fronte a noi: chi desidera informazioni deve utilizzare gli strumenti online oppure deve andare in centro presso l’ufficio turistico. Mi pare che un cartello esplicativo sul posto possa essere un aiuto e una necessità: noi ci siamo andati già preparati, sapevamo quanto avremmo trovato e perché era lì, ma ci avrebbe fatto piacere una ‘locandina’ sul lungo Mincio che raccontasse…
Veramente bello ed efficace il lavoro che è stato fatto per sistemare le pavimentazioni e i portici della città. Come pure l’illuminazione degli stessi e di quegli angoli suggestivi che meritano una visita, come le Pescherie di Giulio Romano e il corso d’acqua che le caratterizza. Bello e ancora incompiuto.
Vorrei però sottolineare una particolarità, una peculiarità. Quando si visita una città si cerca sempre di individuarne l’angolo di visuale più adatto. Molte città del Belgio vanno viste dall’acqua, cioè dai canali che le attraversano e le caratterizzano. Parigi, a sua volta, offre quasi sempre una prospettiva orizzontale, lascia uno sguardo aperto e lontano, anche per le arterie diritte che l’attraversano. E Mantova? Ce ne siamo resi conto solamente la sera quando siamo ripartiti: avevamo la cervicale indolenzita, segno evidente che avevamo passato parte della giornata a guardare in su. Solo il giorno dopo abbiamo avuto la risposta riguardando le molte fotografie della giornata precedente: la maggior parte erano fotografie di soffitti. Nel Castello di San Giorgio la famosa Camera degli Sposi e altre rappresentazioni meno conosciute, ma altrettanto sorprendenti. Nel Palazzo Ducale con le meravigliose Sale dello Zodiaco e il Salone dei Fiumi, tanto per citarne solo un paio. Soffitti a cassettoni, con labirinti, con finte balconate: soffitti che entrano a far parte della vita reale, non sono solo un coperchio. E poi il Duomo, la Torre dell’Orologio con lo sguardo sempre verso l’alto, la Rotonda di San Lorenzo che richiama gli occhi in terra al centro per subito alzarli verso il punto più alto della cupola; e poi la casa del Mantegna, dove si apre un cortile con un meraviglioso ‘soffitto’: il cielo è racchiuso all’interno del cornicione rotondo del tetto (difficile spiegarlo a parole, l’immagine rende immediatamente). E ancora Palazzo Te con la Sala di Amore e Psiche e soprattutto la meravigliosa Sala dei Giganti, dove si perde immediatamente il senso dello spazio e del tempo. Le pareti e il soffitto di quest’ultima sono una continuità assolutamente impressionante di figure e disegni: incutono quasi un senso di paura perché pare di essere davvero al centro della scena. Quasi la sensazione che si prova in una sala cinematografica con effetti tridimensionali. E sempre con la testa verso l’alto.
Un’ultima sottolineatura, una piccola annotazione: la sera, dopo cena, eravamo a spasso nella parte pedonale della città per osservare i portici illuminati fino alle Pescherie, e abbiamo notato che il servizio di raccolta del vetro funzionava in modo originale. Il mezzo che effettuava la raccolta si fermava sulla strada fuori dai locali e i gestori degli stessi uscivano con le borse o i bidoni del vetro. Oppure comunicavano che non avevano nulla. Oppure che non riuscivano a uscire. “Nessun problema – diceva l’incaricato – ripasso più tardi, dopo la mezzanotte”. Casualità? Estrema disponibilità dell’incaricato? Non lo sappiamo. Certamente una dimensione diversa da quella a cui siamo abituati.
Bella esperienza. Bella città davvero. A misura di persona.

In alto: particolare della Sala dei Giganti


Soffitto della Sala del Labirinto


Soffitto della Sala dello Zodiaco


Scorcio della casa del mMntegna