Quasi un anno fa alla città di Mantova è stato conferito il titolo di “Capitale italiana della cultura per l’anno 2016”.
Gli obiettivi dichiarati di questo titolo vengono così riassunti:
– stimolare una cultura della progettazione integrata e della pianificazione strategica;
– sollecitare le città e i territori a considerare lo sviluppo culturale quale paradigma del proprio progresso economico e di una maggiore coesione sociale;
– valorizzare i beni culturali e paesaggistici;
– migliorare i servizi rivolti ai turisti;
– sviluppare le industrie culturali e creative;
– favorire processi di rigenerazione e riqualificazione urbana.
Ricordo di essere stato a Mantova dopo alcuni mesi dal terremoto del 2012 e di avere visto i danni provocati dallo stesso in alcuni dei monumenti della città. Sembrava davvero una città ferita, disorientata, demoralizzata. Invece, nel giro di alcuni mesi si è rialzata in piedi, sono stati ristrutturati gli edifici danneggiati con tecniche all’avanguardia e nel rispetto dei tempi di consegna e di fine lavori.
Mantova, da quasi vent’anni, è il luogo di un evento letterario importante, che si tiene a fine estate, si chiama Festivaletteratura e ha visto la sua prima edizione nel lontano 1997. La città è sempre stata luogo di cultura, sia per gli artisti che ci hanno lavorato (Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna, Giulio Romano) che per i letterati che qui hanno visto i natali (Torquato Tasso, Claudio Monteverdi e Virgilio, tanto per fare solo alcuni esempi).
In quest’ultimo anno il Comune della città ha istituito l’Assessorato alla rigenerazione urbana come elemento autonomo: un assessore architetto che non si occupa di piani regolatori e nuove costruzioni, ma di ‘rigenerare’ l’esistente. Ormai le città non possono più estendersi e occupare zone nuove, trovandosi a racchiudere al loro interno edifici o situazioni abbandonate che lentamente diventano macerie, anche perché la disponibilità economica dei privati e delle istituzioni è molto limitata. Ecco, allora, l’intuizione di lavorare su quanto già esiste con una triplice finalità: investire nel recupero per incrementare il valore del patrimonio e rimetterlo a disposizione dei cittadini e all’attenzione del mercato; valorizzare il rapporto con il privato per intercettare risorse di cui la pubblica amministrazione non dispone; affrontare la rigenerazione urbana in modo sinergico, senza voler risolvere i problemi in modo settoriale.
Un esempio concreto è il cantiere per un progetto di illuminazione artistica delle Pescherie di Giulio Romano. È stata una delle prime iniziative ufficiali per inaugurare il programma di Mantova, capitale italiana della cultura 2016. Inizialmente è stato affrontato il tema togliendo il bene dal piano di vendita per restituirlo al centro storico e ridare ai mantovani un pezzo di città, nonché ai turisti un punto si vista nuovo su una parte bellissima della città attraverso un percorso fluviale del tutto inedito. In un quarto d’ora circa si punta lo sguardo su una Mantova antichissima, una città che usava gli accessi al Rio per lavare i panni ma anche per le attività commerciali e per le semplici consegne. Così, come accade ancora oggi in molte città olandesi, il canale interno alla città serviva, insomma, da percorso commerciale. le testimonianze sono ancora tutte lì: le case che si affacciano sul Rio hanno, infatti, una scala che si immerge direttamente nell’acqua. In alcuni casi questi accessi sono coperti dalla vegetazione, in molti altri sono perfettamente visibili. E anche quando sono in cattivo stato di conservazione sono una splendida sorpresa che ci arriva dal passato. Una sorpresa che ci propone il ricordo di una città che non c’è più. È stato costruito un evento intorno a una nuova illuminazione (sponsorizzata e a carico di aziende private) che ha reso le Pescherie accessibili per un mese, in via sperimentale, anche grazie alla collaborazione di Palazzo Te, che ha organizzato le visite guidate: ecco come si fa la rigenerazione.
Si è inaugurato domenica 11 settembre con l’Orchestra da Camera di Mantova, alla presenza della autorità locali, l’Arcipelago di Ocno, attualmente installato sul lago inferiore: la musica classica ha danzato sull’acqua sulle note della Settima Sinfonia di Beethoven.
L’Arcipelago sarà animato e visitabile in diversi momenti e giorni della settimana, con un palinsesto che prevede la possibilità di brevi visite durante il giorno o la sera al tramonto. Ogni venerdì sera sono in programma eventi speciali, concerti, performance di danza e istallazioni sonore. A progettarlo è stato l’architetto inglese, naturalizzato italiano, Joseph Grima (ex direttore della rivista di architettura Domus, ideatore della proposta artistica che ha dato a Matera il titolo di capitale europea della cultura 2019).
L’Arcipelago prende il nome da Ocno, un semidio figlio dell’indovina Manto e del dio del fiume, che edificò, in onore della defunta madre, una città sul Mincio, là dove si erano rifugiati dopo che il padre fu richiamato a vivere tra i suoi simili. È una delle leggende relative alla nascita della città. Ocno costruì una città magnifica con ponti che collegavano le rive e insegnò ai pastori l’arte della musica.
I laghi mantovani che disegnano il perimetro cittadino della città, intesi all’epoca della loro realizzazione come una cintura protettiva, vengono percepiti, ancora oggi, come un confine netto che sembra impedire il dialogo con l’esterno. L’Arcipelago di Ocno ricuce idealmente le rive del lago offrendo un punto di vista della città nuovo, che finalmente oltrepassa i suoi confini, valorizzando il rapporto già fortissimo che la città ha con l’acqua. Il lago diventa così uno dei palcoscenici di Mantova, capitale italiana della cultura, sottolineandone il profilo.
Il progetto, nella forma delle sue bianche isole galleggianti, si ispira anche alle configurazioni dei fiori di loto, la Nelumbium Nucifera, presenza importante nell’equilibrio lacustre, che forma vere e proprie isole verdi in mezzo ai laghi con una fioritura incantevole nei mesi di luglio e agosto. Anche questa è rigenerazione.
L’Arcipelago di Ocno