Realizzare cubi o scatole in marmo o in onice è ormai una consuetudine diffusa, una normalità nella lavorazione dei materiali lapidei. Da realizzazione di nicchia, per pochi, oggi divenuta parte di un know-how condiviso da quasi tutti gli operatori del settore.
Scatole per boutique, illuminate, con ruote, sovrapponibili o componibili, leggere o pesanti: la varietà è diventata quasi illimitata, talvolta ripetitiva.
Ma, allora, perché all’interno di questo sito web la scelta di uno spazio tutto loro nella sezione Laboratorio e un post dedicato? Perché i cubi e le scatole in onice sono solamente un pretesto per approfondire alcuni tipi di lavorazione e realizzazioni già diventate fondamentali e che in futuro lo diventeranno ancora di più, anche a discapito di quelle tradizionali.
Sottolineo, anzitutto, l’incollaggio a 45 gradi di due o più pezzi di pietra o marmo. A volte è sufficiente una piccola attenzione al particolare per cambiare la percezione del lavoro finito. Una scala con pedata e alzata assemblate e incollate a 45 gradi acquista importanza perché comunica pulizia, semplicità, ordine. Soprattutto se la venatura o la nuvolatura sono in continuità tra pedata e alzata, ogni gradino appare un massello, cioè un pezzo di marmo pieno. Anche se, in realtà, sono soltanto due marmette incollate.
Lo stesso vale per i top con veletta frontale e laterale, i piatti doccia con gradino, le mensole scatolate, i banconi per locali pubblici: qualunque manufatto può trasmettere semplicità come fosse un pezzo di pietra tagliato e completato nelle facce visibili.
Importanza fondamentale assume la bisellatura. Il bisello, cioè lo smusso che viene effettuato sugli spigoli, può avere dimensione diversa ma non può scomparire del tutto. È un elemento tecnico, non puramente estetico. Può essere davvero piccolo (lo si definisce “via il vivo”) oppure più marcato, in stretta dipendenza dal tipo di materiale e dalla qualità dell’incollaggio.
È dirimente l’utilizzo di collanti adeguati e di supporti di sicurezza nelle parti interna, non visibili, supporti che possono essere in alluminio, acciaio, pietra. Oppure il rinforzo con fibre di carbonio o di vetro, applicate con collanti ad hoc. Non dev’essere sottovalutata la scelta dei materiali tecnici né si deve procedere per inerzia come si è sempre fatto in passato.
Tutto quanto sopra esposto sta alla base della possibilità di realizzare elementi più complicati e articolati come i top con lavabi incorporati, pezzi unici assemblati quasi fossero masselli scavati con macchinari a controllo numerico.
Infine, mi sta a cuore sottolineare la valenza di rispetto ambientale che può derivarne in una duplice modalità: da una parte, il risparmio di materiale naturale e di energia per lavorarlo e, dall’altra, la possibilità di utilizzare pezzi piccoli o avanzi che altrimenti andrebbero buttati.
Ritengo non sia da sottovalutare l’impatto ambientale di scelte simili. Per realizzare un lavello scavato da un blocco pieno servono sia il massello che ore di lavorazione dei macchinari. Consumo di energia e acqua con relative emissioni, cioè sostanze solide, liquide o gassose introdotte nell’atmosfera traducibili in inquinamento atmosferico.
Come pure il consumo di risorse naturali non rinnovabili come i marmi e le pietre: si può realizzare un lavello – tanto per fare un esempio – con angoli retti oppure stondati senza necessariamente utilizzare un massello, ma semplicemente assemblando in maniera professionale le parti che lo compongono.
Spesso la differenza tra le due modalità di realizzazione è davvero minima. Bisogna però decidere di proporre quest’ultima modalità evidenziandone anche le ricadute economiche e ambientali. In definitiva, anche questo fa parte dell‘etica di un’azienda.