Mondiale di rugby 2015. Lo sport della palla ovale. Alcune piccole sottolineature.

Gli inni nazionali: i giocatori schierati in fila, legati l’uno all’altro. Lo stadio intero che canta l’inno della propria nazione oppure quello degli altri. Occhi lucidi.
La haka degli All Blacks: è una composizione suonata con molti strumenti. Mani, piedi, gambe, corpo, voce, lingua, occhi… tutti giocano la loro parte nel portare a compimento la sfida, il benvenuto, l’esultanza o il disprezzo contenuti nelle parole.
È comunque un rituale che cerca di impressionare: si roteano e si spalancano gli occhi, si digrignano i denti, si mostra la lingua, ci si batte violentemente il petto e gli avambracci, si dà quindi un saggio di potenza e coraggio, che si ricollega allo spirito guerriero dei Maori.
Il pubblico: famiglie con bambini. Guardare il pubblico di una partita di rugby significa vedere molti bambini, molte famiglie, molte donne. Andare a vedere una partita di rugby significa sempre non sapere chi hai vicino: le tifoserie sono mischiate, non esistono spazi per gli ospiti e per chi gioca in casa. Una grande ‘contaminazione’.
Il terzo tempo: dopo la partita, dopo la battaglia in campo, dopo i colpi dati e ricevuti, dopo il fischio finale, tutto finisce lì. Ci si trova come amici a bere birra e a divertirsi, chi ha perso e chi ha vinto insieme.
La maglia: nel rugby nessuno possiede la maglia, ma questa viene consegnata nello spogliatoio ai singoli che giocheranno la partita. Non è detto che chi la riceve oggi la riceverà anche domani. Nessuno è intoccabile. Neanche tra gli All Blacks i giocatori hanno la certezza di riceverla.
L’arbitro: non è un esterno che sorveglia una partita, ma un tutor che dà indicazioni costanti. In ogni azione l’arbitro è vicino ai giocatori, segnala ad alta voce possibilità di falli o corregge chi si muove prima. E mai viene messo in discussione: ogni decisione viene accettata. Solo il capitano può parlare con lui. E l’arbitro può fermare il gioco e chiedere aiuto al Television Match Official (TMO), un altro arbitro che rivede l’azione con tutte le telecamere disponibili per chiarire un dubbio o un altro. Spesso tutto viene trasmesso sui grandi schermi degli stadi, in maniera assolutamente trasparente.
La mischia: si pensa immediatamente a una zuffa, mentre la mischia ha una serie di regole ferree che la rendono ordinata. Ogni squadra porta otto giocatori che si stringono e diventano un sol corpo che spinge in avanti. È una partita nella partita. In una mischia non c’è spazio per la differenza, il sospetto e il pregiudizio. Non ha nessuna importanza il colore della pelle, quello degli occhi o dei capelli, se parli italiano oppure inglese o una lingua sconosciuta… devi diventare una cosa sola con gli altri. Sinonimo di cultura del sacrificio e della condivisione.
Mi fermo qui.
Una sola, spontanea domanda: perché il rugby non è considerato uno sport olimpico? Eppure incarna valori che sono l’essenza dello spirito delle Olimpiadi…

M. Castrogiovanni, G. Canale, S. Parisse — “L’ovale rimbalza male” — Ed. Giunti, 2014