A volte capita di vedere qualcosa che sembra uno scherzo, in questo caso uno scherzo della natura.
Il legno fossile è spesso la parte di un tronco d’albero preservato sotto forma di ritrovamento fossile. Gli alberi, per pietrificarsi, vengono naturalmente sepolti in un ambiente privo di ossigeno, generalmente in ceneri vulcaniche. Senza ossigeno, il legno non può decomporsi ed è per questo motivo che è possibile trovare strutture di alberi perfettamente conservati nel loro aspetto originale.
Nel tempo, minerali come manganese, ferro e rame, dall’acqua e dal terreno circostante penetrano nel legno e si combinano, dando forma di pietrificazione e donando al legno colorazioni diverse in base alla presenza di un minerale o dell’altro. I quarzi puri sono incolori, ma quando alcuni agenti contaminanti vi entrano in contatto, allora questi cristalli vanno ad assumere tonalità diverse, tendenti al giallo, al rosso, al viola o ad altri colori. Il risultato finale di questo processo è il legno fossile.
Generalmente, il colore nero indica la presenza di carbone o carbonio; il verde e il blu sono segnali della presenza di cobalto, cromo e rame; il rosso, il marrone e il giallo sono, invece, indice di presenza di ossido di ferro; il nero e il giallo segnalano l’ossido di magnesio; il rosa e l’arancione, invece, il manganese e il ferro.
Questo è l’unico processo al mondo dove un essere vivente si trasforma in un minerale, rimanendo esteticamente molto simile all’originale e conservando addirittura la propria struttura fino a livello microscopico, a differenza degli atri tipi di fossili che in genere sono compressioni o fusioni dell’organismo fossilizzato.
La pietrificazione può avvenire anche solo nel corso di 5-10.000 anni, e alcuni scienziati sono riusciti a simularne in laboratorio il processo di formazione in un breve lasso di tempo; tuttavia, in natura la maggior parte del legno pietrificato ritrovato si è formata in un periodo che varia tra i 50 e i 260 milioni di anni, durante il Triassico, il Giurassico e il Cretaceo. Quindi, anche se non sembra vero, i dinosauri mangiavano, dormivano e cacciavano proprio in queste foreste, tuttora visibili.
Oltre 100 milioni di anni fa, si trovavano principalmente alberi preistorici della famiglia delle araucarie, del cedro, dell’ebano, della ginkgobiloba e delle palme.
La più famosa località di ritrovamento di questo particolare legno fossile è la ‘foresta pietrificata’ di Holbrook, in Arizona (Stati Uniti), veramente unica al mondo: vi sono stati, infatti, scoperti antichi tronchi fossilizzati di araucaria, lunghi fino a 65 metri e del diametro di 3, le cui sezioni presentano splendide strutture nelle tonalità del rosso, del giallo, del viola e del marrone. Anche nella Virgin Valley, in Nevada, si trovano interessanti giacimenti di legno fossile sfruttati per produrre oggetti ornamentali di vario tipo.
Giacimenti minori di questo materiale hanno sede in molti altri paesi, fra cui l’Egitto (nei pressi del Cairo), l’Argentina (nella regione della Patagonia), il Madagascar (vi si rinvengono tronchi fossili di cedro lunghi fino a 50 metri e del diametro di 2), l’Uruguay, il New Mexico statunitense (Cerrillos) e la Francia (Auvergne). Per quanto riguarda l’Italia, infine, si hanno depositi di legno silicizzato nella Sardegna settentrionale. Molte di queste foreste sono state giustamente dichiarate aree protette o parchi naturali e sono visitabili.


Particolare di un nodo


Colori interni al legno


Cristallizzazioni


Particolare di un tronco