A volte ci si imbatte in qualcosa che lascia un segno, che colpisce, che non rientra immediatamente nelle categorie consuete. A me è successo parecchi anni orsono, quando ho visitato Notre-Dame-de-la-Treille, la Cattedrale di Lille, nella Francia del nord.
All’esterno, la facciata trasmette solidità e normalità, suggerendo, come spesso accade, la ripartizione interna in tre navate. I tiranti d’acciaio sottolineano la non corrispondenza temporale tra la costruzione della chiesa (iniziata intorno alla metà del 1800) e quella della parte centrale della facciata (completata nel 1999). Tecnicamente, si tratta di un arco alto 30 metri e rivestito da 110 lastre di marmo supportate da una rete di cavi metallici in tensione.
Ma è all’interno che la sorpresa si palesa: la zona centrale della facciata si colora di un sorprendente arancione, mostra tutta la sua capacità di trasmettere luce, anzi di essere veicolo di luce ambrata, sottolineata ancor di più dalle sfumature e dalle venature della pietra naturale.
Sembra davvero una vetrata di pietra.
L’ossimoro nella frase precedente – cioè l’accostamento, nella stessa espressione, di due parole di significato contrapposto, come vetro e pietra – viene affrontato e risolto dalla luce naturale. La prevalenza della luce esterna (naturale, appunto) rispetto a quella interna (filtrata dalla pietra e dal rosone in vetro) è l’artefice di quanto sopra descritto.
BLOG
