Mi hanno sempre affascinato i giochi che un fascio di luce può creare nell’incontro coi diversi materiali. Anche la pietra, il marmo, l’onice rispondono in maniera diversa e unica a questo incontro.
Da sempre, l’alabastro ha avuto il ruolo del vetro nelle finestre delle chiese per l’effetto di luce soffusa che crea il passaggio della stessa. Come non pensare alla facciata della Cattedrale di Lille, in Francia, interamente di marmo? All’esterno pare un rivestimento normale, mentre all’interno questo si colora di luce ambrata per la prevalenza della luce naturale esterna rispetto a quella interna. Oppure lastre grandi e spesse che però mantengono la trasparenza come l’altare della Basilica di San Vitale a Ravenna: un pezzo di alabastro egiziano che, nonostante gli 8 centimetri di spessore, riesce a lasciar passare la luce.
In questi casi si parla di retro-illuminazione: una fonte di luce che attraversa il marmo e ne mette in risalto la traslucenza. E, che si tratti di luce naturale o artificiale, non fa differenza.
Da tempo sto, invece, sperimentando la possibilità di far camminare la luce all’interno della pietra, di annullare (quasi) la fonte di luce puntuale per irradiarla su tutta la superficie disponibile. I pannelli con le figure di Nefertiti (sotto) e dell’Uomo Vitruviano (in alto) rappresentano questa prima fase sperimentale, dove la luce è la parte centrale del sandwich di marmo. Con uno spessore complessivo di 22 millimetri si riesce a creare una parte centrale irradiata costantemente di luce, visibile grazie alla trasparenza dell’onice. Il prossimo passo sarà quello di ridurre ancora lo spessore per arrivare a 18 millimetri totali.
La parte vuota centrale ha lo scopo di verificare empiricamente che la luce arrivi davvero al centro, che riesca a ‘camminare’ e uscire da questo. Poteva esserci un quadrato, un rettangolo, un cerchio, una qualunque figura geometrica. Invece, le figure visibili sono sperimentazioni portate un po’ all’eccesso perché, in un caso, la lavorazione è stata fatta con la mola di una macchina a controllo numerico e, in un altro, invece, con macchinario water jet. Per il materiale centrale, invece, è stato necessario un taglio a laser puntuale che mantenesse la lucidità senza opacizzarne lo spessore, al fine di non bloccare il cammino della luce.
E l’assemblaggio è opera manuale e artigianale per far coincidere figure create su materiali diversi, con macchinari diversi, utilizzando tecnologie differenti. Così come l’incollaggio con collanti trasparenti che rimangano tali nel tempo e davvero efficaci.
Le immagini in questa pagina sono relative a marmette di dimensione 70 x 70 cm circa, ma le prove effettuate su pannelli di dimensioni maggiori evidenziano una dispersione della luce minima anche nella zona centrale, quella più lontana dalla fonte luminosa.
L’idea di fondo è che un pannello simile possa avere una vita propria senza necessità di essere applicato a qualcosa che nasconda l’origine della luce. Possono esserne illuminate entrambe le facce contemporaneamente in uno spessore estremamente ridotto e, allo stesso tempo, essere esaltate le venature uniche del materiale e i suoi giochi di colore.
Quindi, è davvero possibile far camminare la luce all’interno del marmo.
Un modo differente per svelare l’anima della materia, la sua forza interiore, la sua essenza.
Come esserci dentro.